In questo numero la sezione “archivio” è particolarmente corposa. Comprende sei testi: le relazioni al Consiglio Generale del 3-5 marzo del segretario del Partito Radicale Maurizio Turco, e della tesoriera Irene Testa; estratti degli interventi dei tre presidenti d’onore, Gaia Tortora, don Ettore Cannavera, Michael L. Giffoni; e l’intervento di un “vecchio” compagno iraniano del PR fin dagli anni Settanta: Farroki Bahram, componente del Consiglio Generale.
Gaia è giornalista oltre al cognome che porta (buon sangue non mente), onora come poche la professione che esercita; don Ettore Cannavera dimostra nel concreto, da anni, come si possono recuperare ragazzi che hanno sbagliato, e al tempo stesso come sia da superare l’istituzione del carcere minorile; Michael, ambasciatore ingiustamente perseguitato dalla “giustizia” (e non solo), assolutamente innocente di tutto, ancora attende che gli si chieda almeno scusa…Hanno dato fiducia al Partito Radicale e costituiscono loro, per quello che sono e fanno, motivo di fiducia e speranza. (Va.Ve.)
di Maurizio Turco
Prima di iniziare con la relazione vera e propria, due notizie italiane di attualità che fanno parte di nostre iniziative ormai decennali e che speriamo riescano a trovare un punto di caduta. La prima, è l’assoluzione dell’ex sottosegretario Nicola Cosentino, noi avevamo votato contro il suo arresto convinti della sua innocenza, sono passati quasi quindici anni e la sua innocenza è stata riconosciuta, dopo che è stato in galera. La seconda, è che finalmente l’Unione europea ha chiesto all’Italia di far pagare l’ICI anche alla Chiesa cattolica per gli edifici ad uso commerciale, questa è una battaglia che va avanti da una ventina d’anni. Questo a proposito di lentezza della giustizia, sia per chi va in galera da innocente, sia per chi non ha pagato le tasse sinora.
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Noi veniamo da un Congresso che abbiamo tenuto alla fine di ottobre e avevamo tenuto a giugno scorso un Consiglio generale, per quanto riguarda la mia relazione ci aiuta molto la mozione del Congresso del 2019 e le mozioni dei successivi congressi annuali. E credo che ci aiuti perché quello che il Congresso scrisse e deliberò, dopo tutto quello che era successo, non era altro che il precipitato storico di mezzo secolo di lotte, di vita del Partito Radicale. E soprattutto di un metodo che qualifica la vita del Partito e credo che quel metodo, quelle lotte siano ancora oggi più pregnanti nell’attualità. Nel senso che noi abbiamo conferme quotidiane, per esempio i due episodi dei quali parlavo prima, e più degli episodi in sé del tempo che passa e quindi della ingiustizia oggettiva che si compie.
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Continuo ad essere convinto di un qualcosa che, l’ho ripetuto parecchie volte e continuerò a ripeterlo, perché penso che sia qualcosa di molto importante non solo per il Partito. Mi riferisco all’analisi che Marco Pannella faceva nel 1979, con la quale “denunciava per la prima volta a livello politico il dramma dello sterminio per fame nel mondo e accusava i governi dei paesi “ricchi” di rendersi di fatto complici del nuovo olocausto, essendo la malnutrizione nel mondo più il frutto di un vero e proprio “disordine economico internazionale” che di una penuria di alimenti”.
Oggi potremmo allargare quella denuncia a tutta una serie di problemi che attanagliano il mondo attale. Nel senso che il disordine economico internazionale continua a regnare sovrano, mentre la politica dopo quarantacinque anni da quell’affermazione è sempre più debole e arrendevole.
La conseguenza e l’approfondimento di quella analisi portarono dieci anni dopo, nell’aprile del 1989, a tenere un congresso del Partito a Budapest, mentre ancora la cortina di ferro non era ancora completamente caduta. Quel congresso decise l’ennesima evoluzione del Partito Radicale, nonviolento per definizione, aggiungendoci i connotati di transnazionale e transpartito in ragione del fatto che i problemi del nostro tempo non possono più essere governati a livello nazionale e non possono più essere appaltati a questa o quella famiglia politica, con il rischio che diventino ideologia anziché proposte di governo e soluzione dei problemi. Ci sono voluti altri quindici anni dal 1989 quando Marco approfondì e specificò che lo Stato di diritto non è tale se non è democratico-federalista-laico e che deve essere accompagnato dal riconoscimento del nuovo diritto umano alla conoscenza.
Ho voluto fare questa premessa per sottolineare che il Partito Radicale, cioè noi, gli iscritti al Partito Radicale – questo è il Partito degli iscritti! – continuiamo quel percorso.
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C’è un rischio. Dobbiamo subito sgomberare il campo dai facili equivoci, nei quali si cerca di trascinarci in modo subdolo, questo perché ai nostri detrattori non manca il coraggio ma mancano le idee, devo quindi specificare e giustificare perché siamo particolarmente impegnati sull’Iran e non magari con la stessa forza sull’Ucraina o sulla situazione afghana, cinese o russa.
Noi abbiamo subito capito che in Iran è in corso una rivoluzione nonviolenta e femminista sulla quale si sono innestate una serie di problematiche sociali. Non stiamo solo denunciando il sistema teocratico iraniano, ma stiamo sostenendo chi lo combatte; e quando noi diciamo Iran – ma anche Ucraina, Afghanistan, Russia, Cina … Europa – non è per dire cosa debbano fare i popoli di questi paesi, ma per ribadire che o il loro futuro è pienamente fondato sullo Stato di diritto o è altro, altro che noi cerchiamo di scongiurare perché portatore di nuove tragedie, come la storia ha purtroppo dimostrato.
Noi siamo certi che la caduta del regime teocratico iraniano farà da detonatore a rivoluzioni nonviolente e femministe in tutta l’area e non solo. Crediamo che l’imposizione esteriore del velo, e quella più intima delle mutilazioni genitali femminili, siano le forme più significative della negazione alle donne dei diritti umani fondamentali. È inaccettabile, e non accettiamo, che violenze di questo genere possano essere considerate “eccezioni culturali”, sono violenze e basta e come tali vanno combattute a livello internazionale. Ultimamente il barbaro regime iraniano sta pianificando l’avvelenamento delle studentesse con lo scopo che le famiglie, per proteggerle, non le mandino più a scuola. E ci occupiamo in particolare della rivoluzione iraniana perché è un fronte che gli Usa e l’Europa stanno lasciando scoperto. D’accordo che non ci si può occupare di tutto, ma non può essere considerata una notizia come un’altra, quella rilasciata dall’agenzia internazionale dell’energia atomica secondo la quale nella centrale di Fordo l’uranio è stato arricchito fino al 83,7% e che quando sarà raggiunto il 90% si potranno realizzare testate atomiche. Noi ci chiediamo se siamo sicuri che Usa e Unione europea debbano restare a guardare quello che sta accadendo? O non è invece il caso di fermare la nuclearizzazione dei teocrati iraniani e sostenere le giovani femministe nonviolente.
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Situazione completamente diversa per quanto riguarda l’aggressione russa all’Ucraina dove l’attenzione e le attività di contrasto sono massime.
Sull’Ucraina, appena scattata l’aggressione da parte della Russia, abbiamo solidarizzato con gli aggrediti e chiesto un intervento militare americano ed europeo. Così come avevamo già fatto in occasione della guerra dei balcani nel decennio ’91-2001. Ai pacifisti, dal nostro punto di vista, la storia non insegna niente.
In passato, Pannella ci ricordava spesso, perché ce ne ricordassimo nel futuro, quando nel 1938 Italia, Francia e Inghilterra, sostenuti dai pacifisti dell’epoca, siglarono il Patto di Monaco con il quale concedevano alla Germania nazista di sacrificare una parte della Cecoslovacchia concedendogli di occupare i sudeti per evitare la guerra, quella che sarebbe poi stata la seconda guerra mondiale. E giacché ci siamo, dobbiamo ricordare anche il Patto Molotov Ribbentrop, con il quale nel 1939 Germania nazista e Russia comunista s’impegnavano reciprocamente a non aggredirsi. Il Patto era accompagnato da un protocollo segreto con il quale la Russia si vide riconoscere l’annessione della Polonia orientale, dei Paesi baltici e della Bessarabia con l’obiettivo di ristabilire i vecchi confini dell’Impero zarista, mentre la Germania si vide riconoscere l’annessione della parte occidentale della Polonia. È del tutto evidente che l’attuale politica espansionistica di Putin coincide con quella di Stalin.
Non solo. Putin e il primate della Chiesa russo ortodossa Kirill, in passato agenti del Kgb, hanno manifestato pubblicamente e apertamente che la loro è una guerra contro l’occidente; Kirill addirittura affermando che l’aggressione all’Ucraina è “una lotta del bene contro la promozione dei modelli di vita peccaminosi e contrari alla fede cristiana, portati avanti dall’Occidente”.
È stata aggredita l’Ucraina ma è stata dichiarata guerra a noi. La pace che noi vogliamo consiste nel lasciare libero il popolo ucraino e liberare il popolo russo perché, sia gli uni che gli altri, scelgano liberamente il proprio destino. Anche in questo caso, vale per l’Ucraina, per la Russia e anche per noi: lo Stato di diritto o è democratico-federalista-laico o non è.
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In questo quadro, la vicenda della Repubblica Popolare Cinese, occupata dal Partito Comunista Cinese, che si propone come mediatrice tra Russia ed Ucraina, ha come scopo primario di stabilire che potrà annettersi Taiwan quando vorrà. Per non dire che è poco credibile che un paese autoritario e totalitario come la Cina, possa essere il mediatore ideale, il garante, per superare un conflitto tra aggredito ed aggressore, avendo quest’ultimo le stesse caratteristiche autoritarie dell’aggressore.
I paesi occidentali hanno più di qualcosa da farsi perdonare nel rapporto con la Cina: l’occupazione del Tibet, la repressione degli uighuri, dei falun gong, e di ogni minoranza etnica e religiosa; per non parlare di Hong Kong, con il pericolo che fra poco si debba dare per persa anche Taiwan, e, oltre tutto questo, le condizioni di subordinazione e di limitazioni della libertà della maggioranza etnica cinese: in un regime comunista c’è vita e prosperità solo per i quadri del partito. Ma i paesi occidentali hanno da farsi perdonare l’errore degli errori che è stato fatto con la Cina: l’ingresso nel WTO, l’organizzazione del commercio internazionale consentendo alla Cina di esercitare una concorrenza sleale nei confronti dei produttori e trasformatori occidentali.
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Mentre nel mondo i regimi autoritari riescono a fare fronte comune, i regimi che si richiamano allo Stato di diritto concorrono, competono, sono in perenne lotta tra di loro così favorendo le operazioni cosiddette diplomatiche dei paesi autoritari. Il nostro obiettivo è quello di ribadire che debba essere netta la distinzione tra regimi democratici ed autoritari, nella convinzione che i regimi democratici abbiano il dovere di contribuire alla caduta dei regimi autoritari per favorire la liberazione di quelle popolazioni.
Il Partito Radicale ha una piattaforma semplice ma densa di contenuti e di forza, una piattaforma che vale per i paesi autoritari, ma vale anche per i nostri paesi a definizione – un po’ meno a pratica – liberale e democratica, una piattaforma che abbiamo così sintetizzato: per i diritti umani di tutti e ovunque nel mondo.
Una proposizione che non solo connota la nostra azione politica ma che è costitutiva del Partito Radicale.
In questo senso abbiamo tenuto sinora 25 manifestazioni “donna vita libertà” che abbiamo iniziato nel momento in cui la rivoluzione nonviolenta femminista in Iran prendeva forma.
In questo senso continuiamo a tenere fermo il punto sulla riforma federalista delle istituzioni europee. Stati Uniti d’Europa non è uno slogan è un progetto politico che, evidentemente noi non possiamo abbandonare in prossimità delle elezioni europee. Segnalo che lo Statuto prevede che “Il Partito Radicale, per ribadire il proprio carattere transpartitico e transnazionale, non si presenta in quanto tale e con il proprio simbolo a competizioni elettorali.” Con questa avvertenza, il dibattito sulla prossima scadenza elettorale debba considerarsi aperto.
In questo senso dobbiamo proseguire la nostra campagna per la riforma radicale della giustizia nel nostro paese. Quante volte Marco Pannella ci ha avvertito della necessità di riconoscere e agire contro la peste italiana che avrebbe inevitabilmente infettato l’Europa. I dati ci dicono che non è solo la giustizia italiana a non essere giusta, che non sono solo le carceri italiane ad essere un luogo di violazione dei diritti umani fondamentali, delle leggi nazionali e dei trattati internazionali. Oggi, riformare la giustizia e le politiche penitenziarie in Italia significa dare la stura per riformarle in Europa. Abbiamo quindi la necessità di individuare uno strumento che consenta di essere presenti, vigili ed efficaci. Io credo che l’unico strumento che ci è ancora consentito di utilizzare sia quello referendario. L’incrocio tra la presenza elettorale e la promozione referendaria è una grande opportunità, sta a noi riuscire a coglierla.
In questo senso dobbiamo incardinare una iniziativa per rilanciare la necessità delle riforme istituzionali, con il Presidenzialismo e delle riforme elettorali con l’adozione di un sistema uninominale ad un turno.
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Dal Consiglio generale di giugno, passando per il congresso di novembre, molte cose sono cambiate. È bene non attardarsi e prenderne atto. Essendo una costante della nostra piccola storia quotidiana e pur non avendo l’autorevolezza e ancor meno l’autorità di chi era addetto a questo compito, mi tocca ribadire per l’ennesima volta che il chiacchiericcio telefonico non è iniziativa politica e che fare politica nel partito anziché col partito, non fa bene al partito e nemmeno a chi lo fa.
Andando al sodo, così non perdiamo tempo, al momento non vi sono incompatibilità tra Segretario del partito e presidente della Lista e della Fondazione Pannella; né tra quella di Tesoriere e Garante dei detenuti della Sardegna. Voglio ringraziare anche qui Irene che ha accettato questo incarico molto oneroso e per noi molto importante. È indubbiamente un riconoscimento alla sua persona ma sappiamo bene ma che ci vede tutti molto apprensivi per quella che sarà la sua attività. Intanto, dopo la prima visita e in seguito alle sue comunicazioni, il Procuratore generale di Cagliari ha aperto un’inchiesta. La strada che Irene sta segnando è molto importante, diciamo che si può fare il garante anche senza galleggiare.
Andando a parlare di qualcosa che uno vorrebbe non accadesse mai, ma che poi puntualmente accade, non ci resta che prenderne atto e chiudere il capitolo. Inoltre, come già rilevato dal Consiglio generale del giugno scorso, e come in qualche modo ribadito dal Congresso degli iscritti italiani di novembre, abbiamo subìto una iniziativa volta a sottrarre energie al Partito Radicale da parte di Nessuno Tocchi Caino. Nei giorni scorsi ho chiesto ai responsabili di NTC di non utilizzare il simbolo del partito e di non affermare che l’associazione è stata fondata dal Partito, perché l’affermazione non corrisponde alla verità dei fatti. Non avendo ricevuto alcuna risposta, procederemo per affermare la verità dei fatti. Pensa che sia doveroso informare il Consiglio generale di questo.
Rispetto a quella che è la più stretta attualità, ultimamente sembrerebbe che siamo diventati di moda … “il partito radicale di massa”. Io penso che venga citato per mancanza di argomentazioni. Ho trovato conferma di questo leggendo un articolo di una persona perbene che conosco, è stato deputato del partito democratico, Giorgio Merlo, che fa parte della componente popolare del PD. Ha scritto Merlo, attribuendo il concetto a Luca Ricolfi, che “la Schlein interpreta alla perfezione la trasformazione definitiva del Pd in un “partito radicale di massa”. Un partito, quindi, al di là delle solite e collaudate chiacchiere propagandistiche e demagogiche, che difende i diritti individuali, attenta a tutte le discriminazioni, sensibile alle ragioni dell’ambientalismo, non indifferente al populismo pentastellato, ovviamente giustizialista e manettaro e, in ultimo, teso a criminalizzare – seppur politicamente – tutti gli avversari che, come da copione, sono e restano nemici da annientare”.
È chiaro che questi non siamo noi! Cosa sta accadendo? Qualcosa che è già accaduto nel passato. Si tace del fatto che il Partito Radicale c’è, le iniziative che fa, le proposte; noi abbiamo votato alcuni mesi fa per dei referendum sulla giustizia che abbiamo voluto e sui quali siamo riusciti ad andare al voto, è da sottolineare che anche in questa occasione non abbiamo avuto quel ritorno mediatico che ci spettava di diritto. Ma “il partito radicale di massa” non ha nulla a che vedere con le affermazioni degli anni ’70 da parte del filosofo della destra cattolica Augusto Del Noce.
Oggi ha a che vedere con quelle affermazioni che parlavano di “sinistra radicale” per non parlare del Partito Radicale; e poi di “Radicali italiani” per non parlare del Partito Radicale. Credo che dopo sette anni dovremo trovare il modo per fare un bilancio di quello che è accaduto rispetto a quella che si è voluta far passare per una operazione di “epurazione”. Vedere come altri sono stati più radicali e più capaci del Partito Radicale, per esempio ad aggregare persone. Radicali italiani ha un terzo degli iscritti del 2016, ma ha il 2 per mille con il quale ha triplicato il suo bilancio ed ha il 2 per mille in ragione del fatto che un deputato, sconosciuto, ha dichiarato di essere stato eletto per conto di Radicali italiani. Questo quando durante la campagna elettorale, il segretario di Radicali italiani scriveva che non avevano candidati nelle liste del PD ma il PD gli avrebbe consentito di avere il 2 per mille. Questa non è la nostra storia. Questa è una storia che noi non conosciamo, rifiutiamo, neghiamo possa essere ricondotta a qualcosa che ha a che fare con il Partito Radicale.
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Voglio chiudere con una bella storia. Se dico “Luigi Zecca”, parlo di una persona della quale ho sentito parlare ma non ricordo la faccia per quanto è lontana nel tempo la sua storia. Ho cercato ed ho trovato un comunicato del 1972 del Movimento Federalista Europeo che dava notizia che nel Circolo Nello e Carlo Rosselli di Sondrio, un giovane valtellinese cattolico di Morbegno ha motivato il suo rifiuto di prestare il servizio militare, Luigi Zecca, primo obiettore di coscienza della provincia di Sondrio. Fino alla fine degli anni ’80 è stato direttore amministrativo di Radio radicale, si è iscritto fino al 1986 al Partito Radicale, è morto l’anno scorso. Nel suo testamento, nella distribuzione dei suoi averi, al primo posto c’è il Partito Radicale. Quello degli anni ’80? No, questo! Perché sono uguali.
È incredibile, una persona che se va via dal partito anche in modo non tranquillo, dopo circa quarant’anni, fa testamento e, prima di parenti e quant’altri, al primo posto c’è il Partito Radicale.
Penso che questa è sì la vicenda di Luigi Zecca e lo ringraziamo, questa è la vicenda del Partito Radicale. È quel fiume carsico del quale parlava Marco, si semina e magari dopo quarant’anni vai a raccogliere i frutti di una storia che si era persa, si era persa la persona, quello che era stato, quello che aveva fatto. Ma lui non ha mai perso il valore da dare al Partito Radicale, aldilà anche di noi, non l’ha fatto per noi o uno di noi, l’ha fatto per il Partito. Credo che valga soprattutto per gli altri, per chi non conosce il Partito Radicale, ma valga anche per noi. La vicenda di Luigi Zecca spiega meglio di tante altre parole quello che noi siamo, quello che noi stiamo facendo e dovremmo avere l’umiltà di riconoscerlo e di ricordarlo.
di Irene Testa
Cari tutti,
le ultime settimane sono state molto impegnative e complicate, mi scuso fin da subito se in questa relazione mi sarà sfuggito qualcosa.
Questo sarà un Consiglio Generale sicuramente non scontato per diversi aspetti. Come avete potuto leggere dalla convocazione e dalla relazione di Maurizio ci saranno nel corso di queste tre giornate alcuni adempimenti formali come l’elezione del Presidente del Consiglio Generale e dei tre Presidenti d’onore, e la nomina di membri del Consiglio Generale.
Come sapete l’anno appena passato è stato per il partito un anno complicato. Da un punto di vista finanziario l’anno 2022 ci ha costretti a ridurre le nostre già ridotte risorse finanziarie che hanno comportato una drastica riduzione delle risorse umane e siamo stati costretti ad intervenire con un piano di efficientamento e di riorganizzazione delle attività, cosa che è stata necessaria per garantire la continuità nella gestione, poiché non eravamo nelle condizioni politiche di poter creare indebitamenti e così abbiamo proceduto. Dall’inizio di agosto abbiamo drasticamente ridotto tutti gli stipendi dei già pochi che eravamo, su 6 dipendenti ne sono rimasti 4 con stipendi al 50% questo nella previsione di confermare gli stessi iscritti dello scorso anno. Non abbiamo confermato lo stesso numero esatto, ma che non si discosta di molto…
1.363 sono stati gli iscritti nel 2021 con un autofinanziamento di 330mila euro;
1.223 sono stati gli iscritti per il 2022 con un autofinanziamento di 295.800 euro;
450 sono gli iscritti dei primi due mesi del 2023 con un autofinanziamento di 109.324 euro.
A proposito di riduzioni e tagli del personale, consentitemi di ringraziare anche chi, come Angelica Russomando, ha dovuto interrompere la sua collaborazione che per quanto mi riguarda è stata davvero preziosa.
Sull’aspetto economico finanziario tornerò più avanti. Nonostante questa drammatica situazione economica siamo riusciti a portare avanti diverse campagne a difesa dei diritti umani, civili, politici.
Nell’ultima comunicazione, inviata insieme a Maurizio agli iscritti del Partito Radicale, abbiamo ricordato che sono passati sessant’anni da quando nel 1963 nacque il Partito Radicale.
Partito che continua ad essere una alterità nel panorama politico, Partito che nonostante non possa essere per statuto competitivo sul piano elettorale, continua ad essere oggetto di censura da parte del regime, un Partito che è vivo nonostante tutto e che si appresta a vivere una nuova stagione di lotte.
Quale partito ci si può domandare? Sicuramente quello che il 12 giugno 2022 ha portato al voto 10.431.801 elettori sul referendum giustizia e che sappiamo tutti come sono andate le cose, non ci tornerò…
E per restare agli ultimi fatti: 25 manifestazioni davanti all›ambasciata iraniana, un›iniziativa nonviolenta di sciopero della fame, un’audizione in Commissione esteri in Senato promossa dalla Senatrice Stefania Craxi e un incontro alla Farnesina, una bellissima e importante marcia il 10 dicembre per i diritti umani per tutti e ovunque.
Stiamo cercando di costruire un quadro rappresentativo attraverso i diretti interessati con la creazione di un coordinamento internazionale di attivisti iraniani, di rappresentanti democratici che porterà a un’evoluzione della lotta in corso, grazie anche al lavoro di Nazanin.
Come abbiamo visto nel mese di febbraio dello scorso anno, gli eventi internazionali hanno cambiato lo scenario politico mondiale, ognuno di noi ha dovuto prendere atto che le conquiste fatte in materia di libertà e di rispetto dei diritti civili e sociali non devono mai essere date per scontate e ci si deve impegnare per difenderle, l’aggressione militare da parte della Russia nei confronti dell’Ucraina ne è la dimostrazione più tragica, la libertà e la sovranità di un popolo è stata messa in pericolo da un pensiero autoritario e imperialista del tutto anacronistico e apertamente contro i valori occidentali e liberali e sono proprio questi valori, liberali e democratici, che la popolazione ucraina desidera e per questo non accetta di tornare ad essere una provincia russa. Sarà importante capire, ma soprattutto costruire il post Ucraina. Noi, come sapete, abbiamo chiesto l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e su questo fin da subito grazie a Mariano Giustino abbiamo elaborato un appello.
Come è noto il Partito Radicale ha denunciato l’autoritarismo della struttura del potere di Vladimir Putin sin dalla sua ascesa al potere, con la dura battaglia a difesa della libertà della Cecenia. È di pochi giorni fa l’anniversario della morte di Andrea Tamburi, militante radicale, responsabile della sede russa del Partito Radicale che fu ucciso a Mosca.
Ma tra i popoli che non vogliono più sottostare a forze autoritarie e illiberali arriviamo a ciò che è successo il 16 settembre in Iran con la morte di Mahsa Amini perché portava in modo non corretto il velo. Da lì è partita la rivoluzione in corso che da sei mesi che sta mettendo a dura prova il potere teocratico che vige nel paese dal 1979. Lo ha ricordato Maurizio che il Partito Radicale già nel 1979 manifestava contro l’imposizione del velo e, siamo felici che oggi a far parte del nostro Consiglio Generale ci sia un iraniano che già da quell›anno lottava con noi, con Adelaide Aglietta…e che a distanza di tanti anni si è iscritto al Partito Radicale. Rinnovo anche io a Baharam Farroki il benvenuto e ben ritrovato!
Noi, fin dai primissimi momenti della rivoluzione in corso abbiamo scelto di affiancare la lotta delle donne e del popolo iraniano.
Nella passata legislatura come sapete abbiamo chiesto, sollecitato e ottenuto dalla Ministra della Giustizia Cartabia la creazione di una commissione ad hoc con il compito di elaborare un nuovo codice penale che consenta di perseguire i crimini internazionali; su questa commissione siamo stati recentemente ricevuti, insieme a Maurizio, dal Sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari per sapere a che punto era il progetto di legge per dotare l’Italia di un codice in grado di condannare i crimini internazionali, elaborato proprio dalla commissione che grazie a noi era stata messa in piedi. Abbiamo avuto rassicurazioni e su questo, in questo mese di marzo, si concluderanno i lavori.
Codice penale che sarà utile non solo per l’Ucraina ma anche e soprattutto sulla questione iraniana. In questi mesi si discute sulla questione dei Pasdaran nella lista delle organizzazioni terroristiche, richiesta a gran voce dalla comunità iraniana e dal Partito Radicale. Abbiamo visto come due settimane fa il Consiglio dei Ministri Europei non sia riuscito ad inserirli nella lista delle organizzazioni terroristiche, ma ha preferito varare un quinto pacchetto di sanzioni che preoccupano certamente il regime, ma che non sono certo in grado di fermarlo, anzi, lo vediamo anche in queste ore quanto il regime diventa sempre più aggressivo e violento contro il suo popolo.
Borrel e altri hanno recentemente posto dei dubbi sull’inserimento dei pasdaran nella lista delle organizzazioni terroristiche lamentando l’assenza di una condanna da parte di un tribunale. Io credo che questa nostra azione sull’attuazione di un codice penale contro i crimini internazionali potrebbe consentire un grande passo avanti anche al nostro Paese. In questi mesi abbiamo cercato di spiegare perché è importante inserire i Pasdaran nella lista delle organizzazioni terroristiche.
Perché il corpo delle guardie della rivoluzione non è soltanto un corpo militare, ma questi ricoprono sempre più ruoli determinanti nei settori economici del Paese, con una penetrazione capillare in tutti gli asset portanti dell’economia iraniana. Il corpo delle guardie della rivoluzione islamica gestisce circa 1/3 dell’economia iraniana. Ad oggi i Pasdaran controllano la maggioranza dei settori economici iraniani, dall’energia alle infrastrutture, dal settore automobilistico a quello finanziario e bancario, alla gestione delle costruzioni delle grandi opere pubbliche. Infine controllano centinaia di aziende iraniane. Hanno contratti e commesse per centinaia di milioni di dollari nei settori del petrolio e del gas e inserirli tra le organizzazioni terroristiche equivarrebbe a neutralizzarli, a bloccare i loro conti.
A fermare forse un regime che non tollera i suoi cittadini e soprattutto le ingerenze della comunità internazionale, minaccia il mondo con la questione del nucleare, aumentando il grado di arricchimento dell’uranio che sarebbe giunto ormai a un livello terribilmente e spaventosamente prossimo a quello utile per la costruzione di ordigni nucleari. Fornisce armi alla Russia, schierano navi vicino al canale di Panama, minacciano la chiusura dello stretto Hormuz e consentono l’ingresso dei talebani nell’ambasciata iraniana. Usano ogni mezzo per fermare il popolo, arrivando ad utilizzare il gas chimico nelle scuole – le torture nelle carceri – le impiccagioni – la gente buttata dagli elicotteri nei fiumi – le ragazze stuprate – ragazzi e ragazze ricattati e costretti ad ammettere cose non vere per non rischiare la condanna a morte o la rovina dell’intera famiglia.
Quello che preoccupa è l’atteggiamento delle democrazie occidentali sull’Iran. Il giro di incontri di questi giorni all’Onu dove qualcuno ha stretto la mano ad Amira Abdullah, la Ministra degli Esteri belga, che prima si taglia la ciocca di capelli e poi stringe la mano all’esponente del regime, il Segretario Generale dell’Onu che elogia l’amnistia concessa dal regime iraniano. Amnistia che è tutta da vedere poi, non possiamo certo credere all’informazione che passa il regime iraniano.
In questi mesi tante ragazze della comunità iraniana mi hanno raccontato dell’Iran, di come si cresce, di come si è costretti a vivere, della paura e del terrore che li accompagna per tutta la vita. Dei traumi che si portano dietro anche quei fortunati che riescono a lasciare l’Iran.
Nazanin mi dice spesso una frase: “Forse Irene io sono malata” perché non riesco a non pensare che il regime debba subire lo stesso trattamento che stiamo subendo noi… e io credo che anche su questo si debba concentrare la nostra azione nel far comprendere a questi popoli quali siano i valori della Democrazia e dello Stato di Diritto’’. Occorrerà il nostro aiuto anche per quello che si spera potrà essere il post regime!
Abbiamo iniziato a vedere la nascita di piccole coalizioni democratiche, ma sappiamo che questo popolo è anche molto frastagliato nelle sue posizioni. Con i monarchici da una parte, con chi non li vuole, con la questione sicuramente prematura di un federalismo, magari su questo e altro spero che Fari Elisadeh che è una nostra nuova iscritta e preziosa per i suoi contributi in questi mesi…possa spiegarci…
La nostra azione politica dovrà proseguire verso l’affermazione dei diritti universali nel mondo anche dove è più difficile… anche in quei Paesi dove al momento sembra non essercene traccia. È qui un saluto a Omolbanin, studentessa e attivista afghana che oggi è qui con noi e che ci racconterà cosa significa vivere sotto il regime dei Talebani. È su questi due Stati Iran/Afghanistan che si deve concentrare necessariamente la lotta alle teocrazie e alla Sharia, che inevitabilmente è l’effetto di un credo religioso che diventa Legge per tutta la popolazione e che come sappiamo in nome di Dio vengono compiuti i peggiori crimini.
Da tempo diciamo che c’è bisogno di riforme che dovranno necessariamente varcare i confini nazionali e che necessitano di una maggiore coesione europea, una politica estera comune con un esercito europeo. L’Unione Europea non potrà essere l’unica risposta adeguata alle crisi del nostro tempo che porteranno prima o poi a un confronto anche con la Cina che gioca un ruolo determinante, come sempre e che dopo aver messo a tacere minoranze interne come gli uiguri, i giovani di Oncong si appresterebbero ora a invadere Taiwan. La Cina, altro Paese su cui il Partito Radicale ha sempre tenuto il faro puntato, considerandolo un osservato speciale alla stregua della Russia. Sarà necessario rivedere i trattati e capire il ruolo che giocheranno i Paesi del Patto Atlantico… su questo e altro sarà indispensabile l’aiuto importante dei militanti e degli iscritti anche nei prossimi mesi. Militanti che ogni sabato partecipano alle manifestazioni davanti all’ambasciata iraniana e che ringrazio. Sarà indispensabile il lavoro prezioso di Radio Radicale e dei compagni Mariano Giustino e Francesco De Leo perché lo devo dire che il tanto lavoro che siamo riusciti a portare avanti è anche il frutto di un lavoro comune.
È stato un lavoro comune non solo di lotta politica, ma anche di informazione, di quell’informazione che per i primi tre mesi in cui la rivoluzione era in corso non ci raccontava una parola davanti a quelle atroci e inguardabili immagini che ci arrivavano delle impiccagioni in Iran.
Silenzio che come accennavo prima, ci ha portato ad intraprendere uno sciopero della fame per abbattere il muro di silenzio che è lo stesso muro che impedisce oggi all’informazione italiana di parlare di quanto sta accadendo da alcuni mesi a questa parte nelle scuole, dove 830 studentesse e alcuni insegnanti sono stati avvelenati e intossicati dal gas chimico.
Davvero c’è da chiedersi cos’altro deve accadere per convincere l’informazione italiana e chi ci governa che è nell’interesse di tutti aiutare con ogni mezzo questi popoli? Che è importante parlarne e agire anche a livello bilaterale mettendo a disposizione tutti gli strumenti che si hanno. Che cosa ne è stato della vocazione mediterranea che in passato caratterizzava anche l’agire politico istituzionale del nostro Paese?
Per quanto riguarda il Fronte Italiano dobbiamo anche guardare a ciò che si muove nel panorama partitico italiano. Sembra che l’elezione della nuova Segretaria del Partito Democratico, per quanto, dovrebbe essere in sintonia da una parte con tematiche che sentiamo vicine come alcune di quelle LGBT…per quanto riguarda le libertà economiche e sociali che declina nei suoi discorsi, parla una lingua che è completamente l’opposto del nostro sentire liberale.
Credo che non siano pochi, anche nel Partito Democratico, coloro che non si trovano totalmente d’accordo su queste linee. Non è un mistero che le primarie degli iscritti avevano dato un esito diverso sull’elezione del segretario, che è stato ribaltato quando queste elezioni si sono aperte a tutti gli elettori, nessuno sa quanti di questi abbiano votato per perseguire realmente il bene di questo Partito. Questo, se il terzo polo ha da subito colto come opportunità per spostare l’elettorato più moderato verso il loro raggruppamento, non ignoriamo che può essere un’opportunità anche il Partito Radicale per avvicinare molti democratici liberali alle nostre lotte.
Le lotte che ci vedono impegnati sulle carceri …come sapete non abbiamo mai dismesso le nostre visite e le nostre denunce su quei luoghi dove…
carceri per adulti – strutture alternative alla detenzione (tossici e malati psichiatrici) – carceri minorili (Don Ettore – Quartucciu), Rems – Capoterra – Farina Coscioni- CPR sbarchi Macomer.
Ho visitato il CPR di Macomer. Si tratta di un ex carcere di massima sicurezza dove vengono trattenuti per 120 giorni coloro che arrivano nelle nostre coste con i barconi. E abbiamo visto cosa accade nel peggiore della situazione anche a coloro che non riescono a sbarcare così come è accaduto a Crotone. Ma chi è più fortunato viene messo nella situazione assurda di vivere una detenzione per alcuni mesi senza aver commesso alcun reato e, soprattutto se nei 120 giorni non li si riesce ad identificare, queste persone diventano clandestini e nella maggior parte dei casi si inseriscono in circuiti deviati. Le vediamo le nostre città con intere zone di baracche e tende. E anche la situazione dei centri per i rinnovi e i visti per migranti non sono da meno. Interminabili file per mesi in attesa di un permesso. Me lo racconta in questi giorni Nazanin che sta tentando di rinnovare il suo permesso per evitare di doversi recare all’ambasciata iraniana. Certo, siamo di fronte a un tema molto complesso, ma che ci mostra il fallimento di decenni di politiche migratorie da ogni parte politica.
Così come continua ad essere un fallimento quello del sistema della Giustizia… lo accennava Maurizio che sarà necessario un pacchetto di proposte di legge di iniziativa popolare e tra queste non mancheranno certo quelle sulla giustizia. Perché dobbiamo sempre ricordarlo che la carcerazione preventiva nel nostro Paese conta nel totale tra primo e secondo grado di giudizio 22 mila persone senza condanna definitiva ospitate nelle nostre carceri. Una vergogna assoluta, spesso protratta per mesi e anni ai danni di uomini, di corpi ammassati all’interno delle nostre galere, che aspettano un giudizio…ed è dimostrato che oltre il 15% risultano poi innocenti… e lo abbiamo visto anche recentemente il caso dell’ex Presidente del Consiglio di Prato: a 10 anni dall’assoluzione si è ritrovato a dover tappezzare la città con 10 manifesti giganti con su scritto Il FATTO NON SUSSISTE, perché come sappiamo le notizie delle assoluzioni vengono riportate se va bene in piccoli trafiletti.
Separazione delle carriere, il governo si è detto disponibile, questo tema è stato oggetto di un nostro quesito referendario, vedremo naturalmente di trovare interlocuzioni anche su questo.
Giornata nazionale per le vittime degli errori giudiziari…anche su questo ci stiamo naturalmente lavorando per non lasciar cadere il lavoro fatto nella passata legislatura che aveva portato all’approvazione unanime della Commissione Giustizia del Senato. Abbiamo un programma fitto di proposte e di impegni…che sono inevitabilmente legati alla questione dell’autofinanziamento…
Quindi ritornando alla questione economico finanziaria e ad un’analisi del nostro bilancio mi è utile riprendere dal 2021. Nel 2021 chiudevamo con una perdita di 84 mila 4076. A seguito di questa perdita che ha comportato la riduzione del fondo di dotazione si è adottato un programma di riduzione dei principali costi al fine di poter ricostruire le riserve del patrimonio. Abbiamo portato avanti iniziative spendendo il minimo e diminuendo i costi di struttura così come ho detto in apertura riducendo il costo del personale.
Questo ci ha consentito se non proprio di chiudere un bilancio a pareggio di ridurre al minimo, quanto più possibile la perdita che oggi è di poco più di 17 mila euro. Tutto questo, a fronte dell’inflazione, dell’aumento delle bollette, della crisi economica legata alla guerra perché lo vediamo tutti che se prima si spendevano 50 euro per fare la spesa oggi comprando le stesse cose se ne spendono 100. Nonostante tutte queste difficoltà, pur non avendo precisamente lo stesso numero di iscritti dello scorso anno (e sappiamo quanto hanno pesato le questioni interne) e avendo come unica strada solo l’autofinanziamento, si può dire che grazie ai nostri iscritti siamo riusciti ancora in un piccolo miracolo (grazie a chi ha fatto l’aumento quota, grazie a chi come Ariberto Grifoni ha portato più di 12 iscritti).
Maurizio ha accennato all’eredità e al fatto che questa ci consentirà di investire maggiormente in iniziativa politica, tale iniziativa politica deve essere chiaramente vista a sua volta come investimento, perché solo perseguendo i nostri obiettivi politici possiamo avere la forza di convincere sempre più persone dell’importanza delle lotte del Partito Radicale e della necessità di iscriversi per far vivere questo soggetto.
L’esperienza radicale è avere il senso delle speranze comuni, quelle della collettività in generale, ma anche la storia del singolo, dell’individuo e la battaglia per l’Iran, per la Giustizia Giusta, per le carceri, non è battaglia di principio, ma è la storia di uomini e donne… e a loro dedichiamo questo nuovo anno.
di Gaia Tortora*
Sono molto contenta di essere qui, un percorso che mi auguro sia nuovo anche per il Partito Radicale…io ho conosciuto naturalmente quasi tutto del Partito Radicale, anche se allora ero piccola…Ritengo che in questo momento ci sia bisogno anche di un svolta, di un imput diverso, di uno stimolo diverso: il Partito Radicale è sempre vissuto di quelle energie di quei famosi militanti che si trovano sempre meno, negli altri partiti; e sono stati, invece una sponda fondamentale per il Partito Radicale, e sarebbe bello che arrivasse a nche a tanti giovani che magari non si riconoscono oppure si riconoscono solamente in alcuni schemi tradizionali: la destra, la sinistra, tutto quello che ne consegue. Invece occorre avvicinare i ragazzi attraverso alcune battaglie importantissime, che non dovrebbero essere di destra o di sinistra, ma di tutti. Questa nuova spinta forse può venire da questo nuovo Partito Radicale. Per questo anch’io vado girando nelle carceri e ho deciso di prendere a cuore, di concentrarmi sui “minorili”, quelli dove sono detenuti i più giovani che non votano, di cui non si occupa nessuno, e fanno ancora più fatica degli altri a far capire o a far conoscere quali sono le problematiche che li vedono coinvolgono e li vedono reclusi là dove non dovrebbero essere: non perché non debbano scontare una pena, ma perché il carcere non è il luogo adatto per ragazzi e minorenni, che sono ancora più complicati degli adulti: perché quando si è giovani è già tutto complicato di base, figuriamoci quando hanno alle spalle storie terribili, quando non hanno una famiglia, quando arrivano su un barcone: l’ultimo che ho conosciuto con Irene, si chiama Abdel, mi ha regalato una cornice bellissima, quando siamo andate a Casal del Marmo… Abdel ora ha vent’anni, è arrivato a quattordici su un barcone, tra l’altro proprio in Calabria, ha passato esattamente quello che passano in queste ore quelle povere persone, quelle che sono sopravvissute, ce l’hanno fatta. Quei ragazzi hanno un passato fatto di storie incredibili, sono però ragazzi di cui nessuno si occupa: dietro di loro c’è un mondo fatto di incredibili burocrazie, istituti e istituzioni con un giro di soldi impressionante, e che però non sono mai abbastanza, manca sempre qualcosa…Ecco: attraverso questo incarico spero di poter far voce, come diceva mio padre, a chi non ha voce: in questo caso i ragazzi che in questo paese, già in “partenza”, non ce l’hanno.
* (trascrizione non rivista dall’autore)
di don Ettore Cannavera*
È il riconoscimento a una battaglia che conduco da quarant’anni: il superamento del carcere minorile. Non si può mettere un ragazzo di 14-15 anni in carcere… Il carcere in genere va superato, per minori e per adulti. Ci vorranno anni, ma è una battaglia che va fatta; ma la più immediata è quella sul carcere minorile. Sono delle strutture sempre più ampie per accogliere questi ragazzi in misura penale. Devono scontare sì, ma con la privazione della libertà, non degli affetti, della cultura, del lavoro e tutto quello che è previsto dalla nostra Costituzione.
L’articolo ventisette infatti non parla il carcere, non c’è questa parola. Dice che la pena deve tendere alla rieducazione al reinserimento sociale. Il carcere, nonostante la professionalità e l’impegno degli operatori non può fare questo, proprio come struttura. Lo fa, invece, la comunità dove vivo e accoglie i ragazzi condannati per omicidio, rapina, gravissimi reati; si stanno reinserendo nella società… Quindi in sintesi l’impegno con il Partito Radicale: portiamo avanti insieme quello che ho cominciato con Marco Pannella: continueremo a combattere per la chiusura del carcere minorile: dai 18 anni in giù andranno in comunità con la limitazione della libertà, non potranno uscire la sera e la notte; ma potranno lavorare, avere rapporti affettivi, un percorso culturale. Dunque possono anche destrutturare la loro personalità e diventare dei cittadini come sta avvenendo nella nostra comunità e in tante altre. Il carcere garantisce recidività; la comunità la possibilità di reinserimento e di riabilitazione. Questo è l’impegno come partito. Ecco perché aderisco a questa grande responsabilità, questa grande fiducia che mi dà il Partito Radicale: per continuare a combattere per questa misura di legalità, per questa misura di riconoscimento per i nostri ragazzi: non sono nati delinquenti, lo sono diventati.
* (trascrizione non rivista dall’autore)
di Michael L. Giffoni
I diritti umani e le libertà civili nel mondo devono essere devono tornare ad essere al centro della nostra azione politica del nostro impegno personale e del nostro impegno collettivo: il rispetto la promozione dei diritti umani individuali ma anche dei diritti dei popoli all’autodeterminazione, all’indipendenza, alla sovranità come sta facendo il popolo ucraino: diritti umani individuali, diritti dei popoli, libertà civili, sociali, economiche, culturali, non devono restare a livello di slogan. Dobbiamo cercare di definire e individuare delle proposte concrete… tutto questo si conclude in quello che penso sia il fenomeno principale che stiamo toccando con mano in questi di ultimi anni e che ha subito un’accelerazione nell’ ultimo anno: lo scontro enorme tra democrazia e autoritarismo…questo è il vero punto centrale di questi anni, da qui riparte questa mia storia radicale; una storia che mi ha aiutato anche a superare tanti momenti di sgomento, quando si sente quasi di non sapere cosa più fare della propria esistenza: ecco: l’impegno radicale è stato una grande ancora per me… Ho sentito anche parlare in questi giorni di radicalismo un po’ alla monda, radical chic, recupero dell’estremismo e così via queste sono tutte idiozie: io vi dico in che senso io intendo la radicalità, il termine radicale. La radicalità – il termine radicale. La radicalità è tutto tranne estremismo; è il contrario dell’estremismo, di quello che l’estremismo vuole affermare. L’estremismo vuole imporre, vuole distruggere; la radicalità al contrario è discernimento. L’estremismo tende all’assoluto, all’incontestabile. La radicalità è il dubbio, ragiona, eventualmente poi rifiuta, rigetta ma mai con la violenza con la forza l’estremismo tende verso l’assoluto l’incontestabile la radicalità è ascolto, prevalenza del dubbio sulla certezza… Per il resto, raccomando a tutti di rileggere Hannah Arendt e soprattutto riascoltare Marco Pannella. Con questo invito e auspicio spero di essere riuscito a dirvi di quello che sarà il mio impegno radicale, e di esserne all’altezza.
* (trascrizione non rivista dall’autore)
di Farrokhi Bahram*
Gli amici che lottano per la democrazia in Iran dovrebbero essere consapevoli delle realtà sul campo e dei principi geopolitici, in modo da evitare errori. In apparenza sembra che l’atmosfera prevalente sia di una certa calma, che le manifestazioni siano cessate.
Dietro il “sipario”, l’opposizione, fuori dal paese, cerca un programma minimo comune, nelle prossime settimane, da queste riunioni emergerà una piattaforma politica: i leader della maggior parte dei partiti, dei gruppi e le personalità politiche si siederanno attorno a un tavolo, sceglieranno un gruppo dirigente che rispecchi le diverse opinioni politiche, sceglieranno come portavoce una personalità che abbia credibilità internazionale e consenso tra il popolo iraniano.
Molto probabilmente, il principe Reza Pahlavi sarà il portavoce di questo gruppo di patrioti contro il regime islamico, e non dubito che possa svolgere bene questo ruolo: è moderato, dell’area socialdemocratica e potrà guidare un governo di transizione fino a elezioni libere per una Costituente.
Possono fare parte di questa alleanza, tutti quelli che credono a:
Democrazia e dichiarazione sui diritti dell’uomo.
Governo secolare.
Integrità del paese.
Probabilmente non faranno parte di questo alleanza:
a) Formazioni marxiste leniniste che non credono nelle democrazie liberali.
b) I Mojahedin del popolo: non sono un partito politico ma una setta religiosa, non sono ben visti dalla popolazione: per anni hanno collaborato con il dittatore iracheno Saddam Hussein, e contro la nostra patria.
c) Le formazioni scissioniste che tendono appunto a separarsi dal paese.
I governi europei sempre più si convinceranno che sia per loro conveniente recidere i rapporti politici ed economici con il regime islamico; come prima mossa simbolica inseriranno “I guardiani della rivoluzione” tra i gruppi terroristici: non solo per punire i pasdaran, ma perché cominciano a temere un colpo di stato militare da parte loro con la possibilità che il clero, screditato, vinga esiliato a Qom, si impedisca loro di influire negli affari politici. Com’è noto “I guardiani della rivoluzione” esercitano una grande influenza nell’economia del paese; se dovessero fare un colpo di stato, il destino dell’Iran probabilmente sarà simile a quello dell’Egitto e del Pakistan. La storia ci insegna che gli Stati Uniti possono collaborare con i governi militari. Un altro possibile scenario: i paesi europei e gli Stati Uniti portano la questione iraniana al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Ancora: i quattro paesi coinvolti nell’abbattimento dell’aereo civile ucraino, deferiscono l’Iran alla Corte dell’Aia per crimini contro umanità.
Dobbiamo essere consapevoli che il futuro politico dell’Iran può evolvere in senso che noi riteniamo positivo. L’Iran è formato da etnie diverse, un territorio vasto cinque volte l’Italia. So bene che per i radicali e il loro leader storico Marco Pannella, il federalismo era una “bandiera”. Però come la democrazia non è una merce esportabile (come si illudeva il presidente George W. Bush), anche formare un federalismo di tipo europeo in quel lembo di terra, per il momento non credo sia possibile; ogni tentativo in questo senso comporterà anni di guerre civili, distruzione del paese, spargimento di tanto sangue umano. Il Medio Oriente non è l’Europa, dove un gigante come la Repubblica federale Tedesca può convivere a fianco di un piccolo paese come il Lussemburgo. Lì, i grandi fagociteranno i piccoli.
Nel Golfo Persico e nel mare di Oman transita più del 25 % dell’economia mondiale (dopo le consegne di Hong Kong e di Macao alla Cina), i piccoli paesi del golfo Persico sono diventati il salvadanaio dei paesi ricchi dell’Occidente e delle tigri asiatiche: posseggono nelle loro casseforti tesori, pari al debito pubblico italiano. Perciò ogni destabilizzazione di quell’area viene bloccata sul nascere.
Il criminale regime islamico, questo lo sa, per oltre quarant’anni ha potuto giocare questa carta nelle relazioni con Occidente, nonostante la sua pessima fama.
Per il futuro dell’Iran credo che la forma più adatta del sistema politico possa essere una repubblica parlamentare o una monarchia costituzionale, con un governo centrale e molta autonomia linguistica, culturale ed economica, che gradualmente, con il tempo, può aumentare. Non c’è dubbio che questa soluzione di governo non sia una democrazia ottimale, ma si preserva l’integrità e l’indipendenza del paese.
L’Iran è molto esteso come superficie, con una popolazione più numerosa, giovane, più istruita, rispetto ai paesi vicini; e dispone di maggiori risorse naturali. Questo costituisce un grosso problema in un contesto geopolitico mediorientale dove la democrazia non esiste. Qualunque regime salirà al potere in Iran, se non mette all’ordine del giorno l’aumento di consapevolezza della democrazia tra i suoi cittadini, dopo pochi decenni dovrà affrontare con i suoi vicini, praticamente l’intero Medio Oriente.
Democrazia politica significa libertà dei partiti; libertà di scegliere e sostituire i governanti, libertà dei media, libertà civili, un sistema giudiziario indipendente, leggi compatibili con la libertà, l’uguaglianza i diritti umani. Questa democrazia è la madre del progresso sociale a 360 gradi.
Certo, queste libertà di per sé non portano alla giustizia economica, alla riduzione delle disuguaglianze, all’eliminazione delle discriminazioni; ma sono una condizione necessaria, un requisito per la giustizia, senza la quale sistemi autoritari, dittatoriali e totalitari governeranno la società, privano la libertà di milioni di cittadini, a beneficio degli interessi di pochi. D’altra parte non c’è un solo esempio in tutta la storia recente che possa farci credere che la soppressione della libertà e l’instaurarsi di una dittatura portino giustizia e benessere sociale.
Oggi i sistemi di governo si possono dividere in due categorie: democratici e non democratici (dittature totalitarie, oligarchie, ecc.). Il primo gruppo, con tutti i suoi difetti e problemi, nonostante tutti gli errori politici che si possono commettere, è dalla parte giusta della storia; il secondo gruppo è senza alcun dubbio dalla parte sbagliata. Ci possono poi essere “contraddizioni”: minoranze ricche e maggioranze povere, paesi progrediti nel Nord del mondo, e meno nel Sud; classe operaia e datori di lavoro…Ma la principale contrapposizione nel mondo, oggi, è tra democrazie e dittature. In questo momento, il fronte delle dittature guidate da Russia e Cina è in posizione di offensiva, le democrazie in difesa.
Credo che non ci sia niente di più onorevole che lottare per la libertà e l’instaurazione della democrazia. Non ci sia niente di più onorevole della lotta politica per la giustizia economica e la riduzione delle disuguaglianze sociali. Naturalmente la questione della tutela dei principi della democrazia e della sua continua espansione e approfondimento è necessaria e vitale: la democrazia ha sempre affrontato i nemici della libertà dall’interno e dall’esterno.
Certo: nessuna delle democrazie esistenti è perfetta, c’è ancora molta strada da fare. Ma è solo nelle democrazie esistenti che il cittadino ha dignità, il diritto di protestare, può eleggere o sostituire i governanti attraverso il suo voto, chiedere leggi migliori, maggiori salari e welfare, meno lavoro, senza temere la repressione. Solo in democrazia i media possono indagare sullo status dei governanti e le loro eventuali corruzioni; la magistratura indipendente può incriminare i governanti per aver violato la legge, punirli se il reato è provato.
Nei sistemi autoritari e dittatoriali non esiste nessuno di questi strumenti democratici: la magistratura è un’istituzione senza legge nelle mani di tiranni, la polizia e le forze militari sono gli organi di repressione del popolo, elezioni e Parlamento non hanno alcun valore (…) Se prendiamo in esame la storia dell’umanità, possiamo giungere alla conclusione che la democrazia politica con tutti i suoi difetti è la più preziosa e la più grande conquista sociale dell’uomo, l’unica “scala” per la promozione dell’umanità.
La storia insegna che senza democrazia l’umanità ha vissuto una infinita sofferenza fatta di schiavi, servi, sudditi, vittime del giogo e della volontà di tiranni: decidevano di scatenare guerre, saccheggiare e confiscare beni altrui, impossessarsi delle donne, discriminare i credenti e i seguaci di religioni non ufficiali, uccidere chiunque osava disobbedire o fosse anche solo sospettato di disobbedienza. I popoli erano come mandrie che lupi selvaggi dominanti fanno a pezzi ogni volta che vogliono, nessuno si sentiva al sicuro. Ancora oggi, nei sistemi antidemocratici, funziona così.
(…) La democrazia politica è la conquista umana più cara e più onorevole; rispetto ai millenni di storia dell’umanità è ancora giovane, ha molti difetti e carenze. La democrazia con tutti i suoi difetti e svantaggi che vengono gradualmente rimossi, fa parte del processo della sua evoluzione.
Il mio popolo sa che senza la realizzazione della democrazia e dei diritti umani, nessun tipo di giustizia può essere realizzato, e anche solo immaginato; quindi, soprattutto, per distruggere il sistema religioso corrotto che governa l’Iran, occorre imbracciare la bandiera della democrazia la libertà; una bandiera inconciliabile con qualsiasi tipo di dittatura, quale nome e pretesto adotti. L’Iran ha pagato e paga costi pesantissimi in termini umani per queste sue gloriose lotte.
* (trascrizione non rivista dall’autore)